IL CONTO CORRENTE EREDITARIO
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IL CONTO CORRENTE EREDITARIO

La posizione creditoria dei coeredi del cliente defunto nei confronti della Banca.

Autore: Avv. Alice Reggiani


1. Introduzione

Con il termine divisione si fa riferimento all’insieme delle operazioni giuridiche mediante le quali i condividenti sciolgono la comunione attraverso l’assegnazione a ciascuno di valori corrispondenti alla propria quota. Un particolare tipo di divisione è quella ereditaria e corrisponde all’atto conclusivo della vicenda successoria.

Il nostro fine è analizzare la posizione dei coeredi del defunto e capire se essi una volta aperta la successione possano o meno scegliere di prelevare autonomamente le somme di loro spettanza sul conto corrente del de cuius o se sia necessario il consenso di tutti i comunisti al fine di procedere al prelevamento della propria quota. Inoltre, sarà opportuno rilevare anche quale comportamento deve tenere l’Istituto di credito in caso di contrasto tra i condividenti.


2. Il conto corrente ereditario e la posizione della Corte di Cassazione

Il tema della divisione del conto corrente ereditario è stato a lungo dibattuto e ai fini di una corretta analisi procederemo all’esame della giurisprudenza prevalente.

La Corte di Cassazione dapprima ha negato al coerede il potere di esigere e ricevere prima della divisione ereditaria la propria quota di credito, in quanto i crediti sono e devono considerarsi ricompresi nella comunione ereditaria.

In particolare, la Cassazione del 1992 statuisce che i crediti del de cuius a differenza dei debiti non si dividono tra i coeredi in ragione delle rispettive quote automaticamente, ma entrano a far parte della comunione ereditaria, come si desume dagli artt. 727 e 757 c.c..

In particolare, l’art 727 c.c. include i crediti tra gli elementi con cui si compongono i lotti divisionali e ciò porterebbe a concludere la loro inclusione nella comunione ereditaria e quindi la loro non automatica divisione. Inoltre, l’art 757 c.c. dispone l’efficacia retroattiva dell’attribuzione dell’intero credito ricompreso nel lotto divisionale assegnato e da ciò si deduce che i crediti non si dividono in maniera automatica tra i coeredi in proporzione alle quote ereditarie.

A conferma di detto orientamento vi sono anche altre pronunce, con le quali la Cassazione è tornata ad esprimersi sulla medesima questione riaffermando il principio dell’inclusione nella comunione ereditaria dei crediti del de cuius. L’interesse tutelato è sorretto da un’esigenza di conservare l’integrità della massa e di evitare qualsiasi iniziativa individuale idonea a compromettere l’esito della divisione stessa.

Sul punto si sono espresse anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione 24657/2007 statuendo che ciascuno dei partecipanti alla comunione ereditaria può agire singolarmente per far valere l’intero credito comune, o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza la necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi, ferma la possibilità che il convenuto debitore chieda l’intervento di questi ultimi in presenza dell’interesse all’accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito.

Le Sezioni Unite riaffermano l’indirizzo interpretativo ed i percorsi argomentativi fatti propri dalla sopra citata Cassazione del 1992.

Secondo le Sezioni Unite ciascun erede può agire singolarmente per far valere l’intero credito ereditario comune o anche la sola parte del credito proporzionale alla quota ereditaria, fermo restando che il pagamento effettuato dal debitore non ha effetti nei rapporti interni con gli altri coeredi.

Infine, con un’ordinanza la Suprema Corte nel 2017 ha precisato che ogni coerede può agire anche per l’adempimento del credito ereditario pro-quota, senza che la parte debitrice (la Banca) possa opporsi adducendo il mancato consenso degli altri coeredi. Gli eventuali contrasti insorti tra i coeredi troveranno risoluzione nell’ambito del giudizio di divisione.


3. La posizione dei Collegi dell’Arbitro Bancario e Finanziario

“I crediti del de cuius non si dividono automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria”.

Tale principio è stato costantemente ribadito dall’Arbitro Bancario Finanziario, che ha precisato l’obbligo per gli Istituti di Credito di pretendere l’intervento congiunto di tutti i coeredi in simili fattispecie.

Sul punto vi sono state numerose pronunce:

  • Secondo il Collegio di Milano nel 2012, la liquidazione delle somme e/o dei titoli depositati sul conto corrente del de cuius potrà essere effettuata dall’intermediario solamente sulla base di disposizioni congiuntamente impartite da tutti gli eredi;

  • Secondo il Collegio di Roma nel 2013, quando manca il consenso degli altri coeredi il rifiuto opposto dalla Banca resistente a liquidare alla ricorrente la quota ereditaria che le spetta è legittimo, perché giustificato dall’esigenza di tutelare anche la propria posizione nei confronti di eventuali successive pretese da parte degli altri coeredi;

  • Secondo il Collegio di Napoli nel 2013, la richiesta del singolo coerede può essere accolta solo con il consenso degli altri coeredi. Pienamente legittimo appare pertanto l’operato dell’intermediario, che ha inteso subordinare lo svincolo delle somme all’assenso di tutti i coeredi, anche al fine di tutelare la propria posizione nei confronti di possibili future contestazioni;

  • Secondo il Collegio di Milano nel 2014 occorre una disposizione congiuntamente impartita da tutti i coeredi anche solo per effettuare prelevamenti parziali, al fine di evitare che una qualsiasi iniziativa individuale possa compromettere l’esito della divisione. La liquidazione delle somme e/o dei titoli depositati sul conto corrente del de cuius può essere effettuata dall’intermediario solamente sulla base di disposizioni congiuntamente impartite da tutti gli eredi.


4. La Decisione Risolutiva del Collegio di Coordinamento

Infine, a risolvere la questione è intervenuta la Decisione Risolutiva n. 27252 del 20 dicembre 2018 del Collegio di Coordinamento ABF.

Nel 2018, il Collegio ABF di Bologna ha sottoposto al Collegio di Coordinamento la seguente questione di diritto: “Se, a fronte della caduta del credito in comunione, giusta l’apertura della successione a causa di morte del creditore, sussista o meno il potere del singolo coerede di pretendere l’adempimento dell’obbligazione pro-quota ovvero per l’intero, senza che il debitore possa rifiutare l’adempimento ovvero eccepire il difetto di legittimazione deducendo la necessità del litisconsorzio”.

In esito ad un’approfondita disamina della giurisprudenza di legittimità, il Collegio di Coordinamento ha ritenuto che l’evoluzione della giurisprudenza della Suprema Corte imponesse una rivisitazione di quella dei Collegi dell’ABF, al fine di evitare interpretazioni divergenti delle stesse norme che andrebbero a scapito della certezza del diritto.

Pertanto, ha confermato l’adesione al consolidato e ben argomentato indirizzo della Suprema Corte che afferma che il credito del dante causa caduto in successione viene ad essere parte della comunione ereditaria e non si divide automaticamente tra i coeredi. Per converso, ha ritenuto di doversi discostare dall’indirizzo prevalente dei Collegi Territoriali con riferimento all’esistenza di un litisconsorzio necessario tra i coeredi che intendano far valere il credito ereditato.

In conclusione, è stato formulato il seguente principio di diritto: “Il singolo coerede è legittimato a far valere davanti all’ABF il credito del de cuius caduto in successione, sia limitatamente alla propria quota, sia per l’intero, senza che l’intermediario resistente possa eccepire l’inammissibilità del ricorso deducendo la necessità del litisconsorzio, né richiedere la chiamata in causa degli altri coeredi. Il pagamento compiuto dall’intermediario resistente, nelle mani del coerede ricorrente, avrà efficacia liberatoria anche nei confronti dei coeredi che non hanno agito, i quali potranno far valere le proprie ragioni solo nei confronti del medesimo ricorrente”.


5. Conclusioni

In conclusione, vi è un vero e proprio diritto del ricorrente ad ottenere la liquidazione della propria quota dei crediti ereditari, senza che sia necessario chiamare in causa gli altri coeredi o la loro sottoscrizione della quietanza rilasciata dalla Banca.

Dunque, non è necessario che vi sia il consenso di tutti gli eredi affinché la Banca liquidi le rispettive quote, anche se uno di questi non si presenta nella Filiale per ritirare il proprio denaro o chiederne l’accredito sul proprio conto, gli altri coeredi possono invece pretendere la parte di propria spettanza.

È un diritto che la Filiale non può rifiutare, in caso contrario ci si potrà rivolgere all’Arbitro Bancario e Finanziario, anche con un ricorso online e in alternativa ed ultima istanza, vi è sempre il Tribunale ordinario.

È illegittima la pratica che qualche Banca, in passato, ha compiuto subordinando la divisione del conto alla firma di tutti gli eredi: una volta depositata la dichiarazione di successione si può quindi procedere individualmente alla richiesta di liquidazione della propria quota dei crediti.


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