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Covid, droni e diritti.

Aggiornamento: 30 nov 2020

Autore: Avv. Giandomenico Sità

di Diritto al punto podcast

La precaria situazione in cui il Covid-19 ha fatto sprofondare il nostro Stato, negli ultimi tempi, ha portato le Autorità all’utilizzo di misure “carcerarie” nei confronti dei propri consociati, al fine di arginare l’ulteriore diffusione del virus.

In tale contesto, è stato necessario fare un bilanciamento tra diritti costituzionalmente garantiti, che è sfociato nella vittoria preminente di quello alla salute (art. 32 Cost.), a discapito di molti altri, quali la libertà di circolazione (art. 16 Cost.) e di riunione (art. 17 Cost.).

Il diritto sul quale questo articolo intende porre luce, tuttavia, è un altro, rispetto a quelli su menzionati: il diritto alla riservatezza. Quest’ultimo è, infatti, uno dei più messi in pericolo dalle recenti disposizioni governative, tanto che rischia non solo di essere compromesso, ma, addirittura, di essere l’ennesimo agnello sacrificale, sull’altare del Covid-19.

Allo scopo di affrontare l’argomento esaustivamente, occorre, innanzitutto, soffermarsi sulle disposizioni costituzionali, che delineano un quadro degli atti attraverso i quali possono essere compressi i diritti costituzionalmente garantiti.

Il sistema delle fonti del diritto è strutturato in una scala gerarchica, alla cui vetta troviamo la nostra Carta costituzionale (e i diritti in essa contenuti) e alla cui base troviamo le consuetudini. Le leggi e gli atti aventi forza di legge, vengono definite fonti di rango primario e si trovano appena sotto la Costituzione e le fonti comunitarie. Solo al quarto gradino di questa piramide immaginaria, troviamo i decreti ministeriali. Quando questi decreti ministeriali vengono emessi dal Presidente del Consiglio, allora assumono il nome di “decreti del presidente del Consiglio dei ministri” (d.p.C.m).

Tale premessa ci aiuta ad arrivare ad un primo punto di necessaria riflessione: esistendo un sistema gerarchico, quale quello appena delineato, pare logico ritenere che fonti di rango inferiore non possano comprimere e limitare diritti garantiti da una fonte superiore. Dunque, se ciò è vero, un d.p.C.m non potrebbe mai comprimere un diritto costituzionale.

Tuttavia, da una lettura attenta degli articoli della Costituzione, la stessa sancisce la possibilità, per una fonte di grado inferiore, di disciplinare casi e modi in cui i diritti, presidiati dalla stessa Carta, possono essere compressi, per motivi attinenti alla sanità e alla sicurezza. Tale fonte è la legge.

Per “legge”, intendiamo quella ordinaria, ma anche altri atti cosiddetti “aventi forza di legge”, quali i decreti legislativi e i decreti legge.

Siffatti precetti sono idonei ad incidere, nei casi summenzionati, i diritti di cui stiamo parlando, in quanto coinvolgono, nella procedura di creazione ed emissione degli stessi, l’unico organo deputato all’esercizio del potere legislativo nel nostro Stato, ovvero il Parlamento.

Tale considerazione è particolarmente degna di importanza, se si pensa che, in una Repubblica parlamentare, quale è la nostra, il Parlamento è l’unica istituzione direttamente eletta dal popolo e che lo rappresenta.

In breve, oltre alla legge, che è soggetta ad un iter che si svolge prevalentemente all’interno delle Camere parlamentari, i decreti legge ed i decreti legislativi sono, di fatto, atti che provengono dal Governo. Nonostante ciò, il vaglio su di essi da parte del Parlamento è fondamentale, al fine della produzione e del mantenimento nel tempo dei loro effetti. In particolare, il decreto legge è un atto che viene preso dal Governo in situazioni emergenziali ed eccezionali, che non consentono di attendere l’espressione parlamentare. Tuttavia, tali decreti devono essere sottoposti al Parlamento e da esso convertiti in legge, entro e non oltre 60 giorni da quando sono emessi, altrimenti non solo perdono efficacia, ma tutti gli effetti che hanno dispiegato durante la loro durata seguono, retroattivamente, la stessa sorte.

Tale premessa, dunque, è necessaria per comprendere che il vaglio parlamentare è stato concepito come doveroso, dai nostri padri costituenti, quando si parla di compressione dei diritti dei cittadini.

Va da sé che un d.p.C.m, che si atteggia ad atto avente forza di legge, ed ha l’effetto di comprimere un diritto costituzionalmente garantito, dovrebbe essere totalmente incostituzionale.

Ecco, dunque, che le prime note dell’agere governativo, degli ultimi tempi, cominciano a trovarsi in distonia con lo spartito costituzionale.

Addentrandosi nella materia del diritto alla riservatezza, salta subito all’occhio il fatto che non ci sia una norma costituzionale, che lo garantisca espressamente. Tuttavia, esso è sempre stato ricondotto al combinato normativo degli articoli 2, 15 e 21 Cost., che garantiscono, rispettivamente, i diritti inviolabili dell’uomo, la libertà e la segretezza della corrispondenza e la libertà di pensiero.

Com’è noto, il Governo, al fine di scongiurare un’eventuale violazione dell’imposto lockdown e col precipuo scopo di evitare l’ulteriore diffusione del contagio, ad opera dei soggetti irrispettosi delle regole, ha messo in campo una nuova e potente forza: la tecnologia. Ciò è stato possibile attraverso una deroga alle norme , in materia di protezione dei dati personali, avvenuta, questa volta, con il Decreto legge 9 Marzo 2020, attraverso il quale sono stati dati poteri straordinari, in materia di privacy, alla Protezione civile ed alle Regioni. Come da premessa, tale decreto legge è stato, quindi, l’atto, mediante il quale il Governo ha garantito copertura costituzionale al proprio operato e la conformità delle sue azioni al GDPR europeo, in materia di privacy.

Sulla scia di siffatto quadro, l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile (ENAC) ha autorizzato il controllo dei cittadini attraverso l’utilizzo di droni (mezzi aerei a pilotaggio remoto) e tramite l’analisi delle cellule della telefonia cellulare; utilizzo che, di norma, è consentito, esclusivamente, attraverso provvedimenti dell’Autorità giudiziaria, in materia di repressione dei reati.

È bene, dunque, sottolineare, che, stando al tenore letterale di detta deroga, queste azioni saranno consentite per gli Enti indicati dall’articolo 744 del Codice della Navigazione e per le forze di Polizia. Tuttavia, ad oggi, non risulta assolutamente chiara la quantità di Enti che potranno giovarsi di questi poteri, quali siano esattamente le zone monitorate, ma, soprattutto, quali saranno le modalità di acquisizione, utilizzo, gestione e conservazione di siffatti preziosissimi dati.

A questo punto della trattazione, giova un ulteriore appunto.

Uno dei principi cardine di qualsivoglia ordinamento giuridico è quello di proporzionalità. Per quanto attiene all’argomento odierno, essa deve sussistere sia a giustificazione della qualità e quantità di misure adottate, sia nel bilanciamento degli interessi contrapposti in gioco, sia nella previsione tassativa delle modalità con le quali certi strumenti invasivi possono essere utilizzati.

Su questa grande bilancia, troviamo, allora, da un lato il diritto alla salute dei cittadini e dall’altro il loro diritto alla libertà personale.

Al fine di ottenere un atto, che possa definirsi inattaccabilmente legale, occorrerebbero, dunque, alcune specificazioni. In particolare, dovrebbero essere espresse quelle che sono le finalità dei trattamenti limitativi di quello che è il diritto alla riservatezza dei cittadini. Con ciò si intende, ad esempio, che dovrebbe essere reso chiaro che i dati raccolti verranno utilizzati solo ed esclusivamente, ai fini della individuazione della catena di contagio, ovvero della perimetrazione delle cosiddette “zone rosse”. Inoltre, la medesima previsione legislativa dovrebbe informare circa le garanzie che sono poste a presidio delle libertà dei cittadini, al fine di prevenire qualsivoglia abuso del trattamento dei dati personali. Infine, occorrerebbe che venga previsto un termine entro il quale il dato registrato, se non utilizzato allo scopo di accertare una violazione, deve essere, quantomeno, cancellato.

In conclusione, pare, per lo scrivente, necessaria una disciplina ben più dettagliata sull’argomento di odierna discussione, in quanto oggetto dei provvedimenti in atto sono i nostri diritti costituzionali.

Il tutto, al fine di scongiurare il rischio di venire depredati dei nostri diritti, dalle stesse Autorità, che ci governano.



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