Autore: Dott.Andrea Mugnaini
Nel sistema economico e sociale italiano, fin da tempi molto risalenti, il mondo dell’associazionismo e del volontariato ha svolto un ruolo fondamentale, come ricordato anche dalla Corte Costituzionale nella sua sentenza n. 131 del 26 giugno 2020.
Le azioni di solidarietà infatti sono state spesso appannaggio di “una fitta rete di libera e autonoma mutualità che, ricollegandosi a diverse anime culturali della nostra tradizione, ha inciso sullo sviluppo sociale, culturale ed economico del nostro Paese”.
Quando ancora lo Stato sociale non esisteva e il concetto di Welfare era sconosciuto “la creatività dei singoli si è espressa in una molteplicità di forme associative (società di mutuo soccorso, opere caritatevoli, monti di pietà…) che hanno quindi saputo garantire assistenza, solidarietà e istruzione a chi, nei momenti più difficili della nostra storia, rimaneva escluso”.
Una tradizione che ha trovato il suo forte riconoscimento nella nostra Costituzione, nella quale la solidarietà, la libertà sociale e l’uguaglianza sostanziale, espressamente sanciti dall’art. 2 e dall’art. 3, assurgono al rango di principi fondamentali ai quali deve ispirarsi tutta l’azione dello Stato. L’intento dei Costituenti, come è stato molte volte evidenziato, era quello di valorizzare queste spontanee formazioni sociali, che permettono il pieno sviluppo della personalità dell’individuo e sono necessarie per garantire il superamento degli ostacoli all’uguaglianza e la partecipazione di ciascuno alla vita sociale, economica, politica e culturale del Paese.
Dal 1948 il riconoscimento del ruolo di questi enti si è sviluppato in un percorso caratterizzato da alcune tappe fondamentali, come la modifica dell’art. 118 della Costituzione e soprattutto il Decreto legislativo del 3 luglio del 2017 n. 117. Il nuovo art. 118, introdotto con la riforma costituzionale del 2001, certifica l’importanza della partecipazione dei cittadini nello svolgimento di attività di interesse generale, e impegna non solo lo Stato ma anche le Regioni, le città metropolitane, le provincie e i comuni a favorire le autonome iniziative. Si introduce quindi il concetto di “sussidiarietà orizzontale”, intesa come la cooperazione tra pubblico e privato per la realizzazione di scopi di interesse generale.
Il vero punto di svolta è arrivato, però, con il D.Lgs n.117/2017, che all’art. 2 riconosce “il valore e la funzione sociale degli enti del Terzo settore, dell’associazionismo, dell’attività di volontariato e della cultura e pratica del dono quali espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne è promosso lo sviluppo salvaguardandone la spontaneità ed autonomia, e ne è favorito l’apporto originale per il perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, anche mediante forme di collaborazione con lo Stato, le Regioni, le Province autonome e gli enti locali”. A norma dell’art. 4 rientrano nella categoria di Enti del Terzo Settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale e una lunga serie tipizzata di enti filantropici, come ad esempio le cooperative sociali e le fondazioni.
Il Codice detta, quindi, per la prima volta una disciplina unitaria del mondo dell’associazionismo e del volontariato, limitandone i confini ed evidenziandone i relativi benefici giuridici. Queste agevolazioni sono soprattutto di carattere fiscale: dalle esenzioni da imposte dirette per i beni immobili alle esclusioni delle tasse sulle concessioni governative. Ma sono molto importanti anche i benefici giuridici, si pensi per esempio al regime civilistico-statuario semplificato e la possibilità di effettuare attività commerciali senza problemi, purché senza divisioni degli utili ai soci. Inoltre a tutti gli Enti del Settore devono essere garantite negli appalti pubblici, condizioni economiche non inferiori a quelle previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro adottati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
L’accesso a questi benefici comporta naturalmente alcuni doveri. Infatti, una condizione imprescindibile è anzitutto l’iscrizione nel Registro Unico nazionale. Vi sono poi ulteriori obblighi come, a mero titolo esemplificativo, quello di redazione delle scritture contabili e di bilancio, e l’obbligo di tenere sempre aggiornato il libro dei soci (nel rispetto dei loro diritti di privacy) e il libro delle deliberazioni delle assemblee e degli organi di amministrazione.
Sebbene ogni ente del Terzo Settore abbia un’organizzazione e delle finalità particolari, è possibile evidenziare dei tratti comuni.
Prendiamo a esempio un’organizzazione tra le più note e importanti d’Italia, peraltro una delle prime a iscriversi nel Registro Unico nazionale delle Organizzazioni di Volontariato (ODV): la Croce Rossa Italiana. Obiettivo principale della CRI, a norma dell’art. 6 dello Statuto è quello di “prevenire ed alleviare la sofferenza in maniera imparziale, senza distinzione di nazionalità, razza, sesso, credo religioso, lingua, classe sociale o opinione politica, contribuendo al mantenimento e alla promozione della dignità umana e di una cultura della non violenza e della pace”. È chiaro in questo caso il richiamo all’art. 2 della Costituzione. Per raggiungere questa finalità, l’associazione si propone, tra le altre cose, di promuovere e collaborare in azioni di solidarietà, di cooperazione allo sviluppo rivolte al benessere sociale in generale e di servizio assistenziale o sociale, e di svolgere attività di prevenzione e formazione. Ad essa poi, tramite apposite convenzioni, è riconosciuto il diritto di svolgere una lunga serie di compiti di interesse pubblico.
Come per tutti gli enti del Terzo Settore, queste attività sono svolte senza scopo di lucro. Il patrimonio dell’ente infatti è destinato solo a scopi statutari. Il patrimonio della Croce Rossa è costituito, oltre che dalle quote degli associati, anche da redditi patrimoniali e da iniziative promozionali finalizzate al proprio finanziamento, quali feste, lotterie e sottoscrizioni (anche a premi) o attività di sponsorizzazione.
Tutte le associazioni di volontariato possono avere un proprio personale dipendente, ma queste è sottoposto a precisi obblighi e alcuni divieti (nella CRI ad esempio nessun dipendente può essere eletto negli organismi interni).
Infine qualche breve cenno all’organizzazione: a livello nazionale, la Croce Rossa Italiana è caratterizzata dall’Assemblea dei soci (il più alto organo rappresentativo), un Comitato nazionale, e un Consiglio direttivo (l’organo esecutivo dell’ente, di cui fanno parte il Presidente, i vice presidenti, e un segretario generale). Questa struttura gerarchica (Assemblea, Comitato e Consiglio) è uguale anche per il livello regionale, e quello più basso delle aree metropolitane in cui si suddivide la Croce Rossa.
Da cosa deriva la grande centralità che il Terzo Settore ha assunto nell’ultimo periodo, tanto da costringere il legislatore a codificarne i caratteri fondamentali e a garantire queste agevolazioni che superano il peso degli oneri corrispondenti? È ancora la Corte Costituzionale a ricordarcelo nella citata sentenza n. 131/2020.
Affermano infatti i giudici che gli Enti del Terzo Settore, in quanto soggetti giuridici dotati di caratteri specifici, rivolti a «perseguire il bene comune» e a svolgere «attività di interesse generale», “spesso costituiscono sul territorio una rete capillare di vicinanza e solidarietà, sensibile in tempo reale alle esigenze che provengono dal tessuto sociale, e sono quindi in grado di mettere a disposizione dell’ente pubblico sia preziosi dati informativi (altrimenti conseguibili in tempi più lunghi e con costi organizzativi a proprio carico), sia un’importante capacità organizzativa e di intervento: ciò che produce spesso effetti positivi, sia in termini di risparmio di risorse che di aumento della qualità dei servizi e delle prestazioni erogate a favore della “società del bisogno”. In altre parole, un loro intervento rende molto più efficace l’azione amministrativa, perché più consapevole e quindi più attenta alle situazioni di necessità e ai bisogni dei cittadini.
Nel periodo storico che stiamo vivendo, mentre ci avviciniamo alla fine di una pandemia che ha stravolto gli equilibri economici e sociali del nostro Paese (e non solo), sorgono nuove e pressanti urgenze alle quali i pubblici poteri stanno con fatica facendo fronte. In questo senso il ruolo degli Enti del Terzo settore diventerà sempre più fondamentale non solo per mere ragioni di assistenzialismo ma anche e soprattutto per una cooperazione con la pubblica amministrazione per indirizzare le scelte amministrative verso determinate e precise realtà. Basta pensare all’immenso lavoro svolto da tantissime realtà di volontariato, tra le quali, per fare solo alcuni esempi, la Caritas Italiana, la Comunità di Sant’Egidio e la già citata Croce Rossa Italiana, che oltre ad assicurare un pasto a un numero sempre crescente di nuovi poveri, sono intervenute in moltissimi altri modi, anche segnalando alle amministrazioni situazioni di grave e particolare difficoltà. Aver disciplinato l’intera materia in tempi non sospetti si è dunque rivelato quantomai provvidenziale.
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